La Fonochirurgia nella Voce Cantata, conoscerla per non temerla! II
E come promesso, eccovi la continuazione….
Quando operare.
In sintonia con la maggior parte dei foniatri e fonochirurgi si ritiene di dover proporre un intervento fonochirurgico ad un cantante, in urgenza o in elezione, qualora le terapia mediche o riabilitative falliscano (o impegnino il paziente per un tempo troppo lungo rispetto agli impegni già sottoscritti) o quando, fino dall’inizio, la patologia risulta essere di chiara pertinenza chirurgica.
Cosa operare.
I fattori condizionanti la scelta operativa sono molteplici (vedi dettaglio sottostante) e devono essere attentamente vagliati dal foniatra e dal fonochirurgo informando logopedista, maestro di canto e paziente stesso sul tipo di intervento, sul tempo di silenzio fonatorio necessario dopo la chirurgia, sulla tempistica e sulla modalità della ripresa vocale e sul corretto iter postoperatorio, compresi i controlli foniatrici che garantiscono la buona ripresa dell’attività fonatoria e in ultimo il ritorno ad un corretto allenamento per la performance canora.
a) Tipo di lesione
Riguardo al tipo di lesione, Cornut e Bouchayer hanno evidenziato come, nei cantanti non professionisti la patologia nodulare sia più diffusa, mentre nei cantanti lirici siano maggiormente riscontrabili patologie congenite, come cisti epidermoidi, sulcus, vergeture e micropalmure anteriori. Ciò farebbe pensare al fatto che mentre nei cantanti di musica moderna il danno organico è il risultato di un malmenage vocale protratto e sostenuto dalla mancata o errata tecnica vocale, nei cantanti di musica lirica sia la funzione vocale ad adattarsi ad un danno organico preesistente e non diagnosticato, e che troverebbe il suo esplicitarsi magari dopo anni di surmenage vocale non più compensabile in modo spontaneo, magari con il sovrapporsi di un nuovo danno organico acquisito e secondario alla patologia congenita primaria. In tal caso operare, anche bene, la lesione secondaria porterebbe inevitabilmente il cantante sul tavolo operatorio dopo pochi mesi, non essendo stata rimossa la noxa primaria e con paure ed ansie ben peggiori.
Non tutte le patologie nodulari (tipi diversi di lesione con aspetti macro e microscopici diversi, ma con parentela comune) tuttavia devono essere operate: la pseudocisti sierosa e l’ispessimento fusiforme della mucosa quasi mai richiedono trattamento fonochirurgico. Bisogna inoltre sapere che soprattutto tra i cantanti lirici si riscontrano spesso piccoli ispessimenti “fisiologici” del bordo libero delle corde vocali, con caratteristiche stroboscopiche di normale morbidezza e simmetricità e che non devono mai essere operati. Il nodulo vero si opera solo quando ipercheratosico, bilaterale e grande, con riduzione dell’onda mucosa e solo dopo adeguata terapia ortofonica.
I polipi gelatinosi e/o angiomatosi testimoniano sforzi vocali importanti, anche in coloro che, anche se non sono cantanti, sforzano a glottide serrata (pensiamo alla pressione intraorale/sovraglottica del trombettista). Tra i cantanti interessano più spesso gli uomini che cantano repertori moderni (tecnica vocale non collaudata e igiene vocale approssimativa), mentre sono rari nei cantanti lirici, e tra loro più spesso nei tenori. Non raramente (10 – 15%) si trovano associati a lesioni congenite e quasi sempre producono danni da contatto sulla corda controlaterale. In tali patologie, talvolta molto grandi, l’indicazione è squisitamente fonochirurgica, essendo incompatibili con una qualsiasi performance vocale ed essendo eccezionale la regressione spontanea. Tale intervento fonochirurgico deve essere preceduto e seguito dalla logopedia (approccio “a sandwich”) anche per evitare fenomeni di recidiva tutt’altro che rari (7-8% secondo Cornut e Bouchayer).
In caso di polipi sessili, generalmente bilaterali ed affrontati come i noduli, Sataloff suggerisce approccio chirurgico se sintomatici (raucedine, limitazione della tessitura, stanchezza vocale) o medico-riabilitativo se asintomatici.
L’edema dello spazio di Reinke, o pseudomixoma sottomucoso, colpisce prevalentemente attori, cantanti moderni, personaggi dello spettacolo, massimamente donne in età fertile, fumatrici, con forte carico vocale e che assumono estroprogestinici (ricorda Berioli che la sottomucosa è bersaglio di variazioni endocrine molto importanti e sesso-correlate). Essendo fortemente legato al tabagismo, è piuttosto raro nei cantanti lirici. In tale patologia è caratteristica la diminuzione di F0 nel registro modale e l’impossibilità a salire di frequenza.
Prima dell’intervento chirurgico, è fondamentale effettuare una o più sedute di counselling con il paziente ( per saggiare accuratamente l’aspetto anatomico nei confronti della personalità vocale e delle aspettative) e la assoluta dissuefazione dal fumo. Inderogabile appare comunque la rieducazione vocale dopo l’intervento chirurgico (spesso le corde sono atrofiche).
Le ectasie capillari riscontrabili sulla faccia superiore delle corde vocali sono molto comuni nei cantanti e non sembrano assumere caratteristiche di pericolosità o modificare il timbro. Possono derivare da abusi vocali, da diminuzione dell’idratazione cordale, da diatesi di fragilità capillare, o essere spia di lesioni congenite sottostanti. Talvolta si presentano a grappolo, causando un lieve ostacolo alla corretta vibrazione. Se si presentano numerose e sul bordo libero, possono, per il calore derivato dall’attrito in fonazione, dare luogo ad emorragie sottomucose, a polipi angiomatosi o ad ematomi difficilmente riassorbibili. In altri casi, più innocuamente, possono causare affaticamenti vocali per fenomeni vasomotori che possono gonfiare la corda. Le ectasie comunque raramente sono operate quando sono l’unica anomalia cordale, mentre è corretto correggerle chirurgicamente quando sono associate ad altre patologie o quando sono varicosità “sentinella” di una sottostante cisti intracordale. È sempre indicata logopedia pre e postoperatoria.
Le cisti mucose da ritenzione, determinate, secondo R.T. Sataloff, da episodi microtraumatici che hanno bloccato lo sbocco delle ghiandole mucose, invalidano fortemente la qualità vocale, specie se aderenti al muscolo vocale, e causano disodie “a poussees” se piccole e disfonia e disodia costanti se grandi. Sono generalmente monolaterali e, quando sono piccole e marginali, pongono problemi di diagnosi differenziale con il nodulo, se non fosse che solo quest’ultimo regredisce con la terapia ortofonica. La terapia è chirurgica e prevede terapia logopedica prima e dopo l’intervento.
Le lesioni cordali congenite di piccole dimensioni sono spesso gravate da un ritardo nella diagnosi dovuto ad una grande tolleranza della lesione, presentano un’alta associazione (25%) con patologie cordali secondarie (polipi e noduli), mentre la voce ha caratteristiche di inaffidabilità, spontaneamente rauca, grave ed affaticata. Costante anche l’allungamento del tempo di warming-up. Tra le lesioni cordali congenite ricordiamo le lesioni della commissura anteriore (micropalmatura commissurale anteriore), le cisti epidermoidi, il sulcus, la vergetures ed il ponte mucoso.
La micropalmure anteriore, chiamata anche microweb, non è di frequente riscontro nei cantanti perché, costituendo un ostacolo biomeccanico alla vibrazione del terzo anteriore, la voce è decisamente brutta e astenica. Inoltre, per l’aumento del tempo di contatto cordale del terzo medio con conseguente sbilancio di risonanza a favore delle componenti “di testa”, è possibile la formazione di noduli, mentre è sempre presente fonastenia, affaticabilità e difficoltà sul registro grave. La terapia è esclusivamente microchirurgica, mirata alla resezione del web ed alla meticolosa ricerca di patologie cordali associate.
La cisti epidermoide è di maggior riscontro rispetto alla cisti mucosa da ritenzione con un rapporto di 3:1, si trova ubicata nello strato superficiale della lamina propria ed è generalmente accompagnata da una varice chiamata “sentinella” che talvolta costituisce l’unica spia della presenza della cisti. Accrescendo la massa e la rigidità della copertura mucosa, rende asimmetrica la vibrazione cordale ed incompleta la chiusura glottica, mentre le qualità inerziali del body rimangono pressoché intatte. In anamnesi spesso viene riportata una disfonia da sempre, con un peggioramento attorno ai 20-40 anni che coincide magari con la richiesta di una voce più performante, impossibile da ottenere e che spesso fa passare il paziente da uno stato di “impairment” sintomatologico (disfonia e disodia) ad uno di chiara “disability”. La voce è debole, dura, stimbrata, diplofonica, faticosa ed astenica. Inoltre è costante la difficoltà nella gestione dei registri, con shift occasionali in falsetto, centri tonali rigidi ed opachi e difficile gestione degli attacchi. Un corretto approccio fonochirurgico in grado di estrarre completamente la cisti assieme al suo peduncolo nel rispetto delle strutture ad essa viciniori è nella stragrande maggioranza dei casi in grado di risolvere completamente le anomalie vibratorie della corda, mentre alla logopedia è assegnato il compito di ricostruire un corretto schema corporeo-vocale e modificare i compensi adottati fino a quel momento.
Sulcus, vergeture e ponte mucoso sembrano costituire una derivazione comune dall’apertura di una o più lesioni cistiche congenite avvenuta nel periodo intrauterino o nei primi mesi di vita ovvero nell’incompleta fusione del IV e VI arco branchiale. Il sulcus vocale è una solcatura del margine libero delle corde vocali che talvolta aderisce tenacemente al ligamento, lasciando però quasi sempre liberi nella vibrazione i piani profondi. Proprio per questo motivo e specie per i cantanti lirici, dopo un’attenta valutazione generale, spesso non si adotta il trattamento fonochirurgico nell’ottica del bilancio tra rischio operatorio e beneficio vocale. La vergeture si presenta come una zona più o meno ampia di mucosa atrofica, sempre aderente al legamento vocale, spesso bilaterale che, interessando tutto il margine libero della corda vocale ne conferisce il caratteristico aspetto arcuato che, in chiusura determina quadro di insufficienza glottica ovalare. Tale patologia, impedendo la vibrazione dell’onda mucosa, conferisce alla voce tratti percettivamente molto caratteristici, con tonalità spesso acute, timbro velato, uno spessore armonico molto ridotto, necessità nella fonazione di aumento della SPL con caratteristica voce “pressata”. Per questi motivi è molto improbabile che tale patologia si riscontri in un cantante lirico, mentre il suo riscontro è tutt’altro che raro nei cantanti del repertorio moderno (soprattutto hard rock), che talvolta non desiderano essere operati perchè tale voce è il loro “distinctive feature”. In tal caso bisogna avere massimo rispetto per tale scelta, perché, come afferma Fussi “suono e rumore in certi generi vocali entrano a far parte della stessa eufonia”. Se si concorda l’intervento chirurgico, esso deve essere effettuato in microlaringoscopia in sospensione, secondo quanto riportato nel prossimo paragrafo.
Dobbiamo inoltre ricordare la necessità di fonochirurgia nei cantanti divenuti disfonici e disodici in seguito a patologie extravocali, come i granulomi da contatto, che spesso recidivano perché sostenuti da RGE e che, pur essendo tradizionalmente legati ad intubazione tracheale, si riscontrano anche in cantanti giovani che non sono mai stati intubati, come riporta Sataloff. Anche le paresi e paralisi cordali, che si riscontrano spesso dopo interventi sul distretto capo-collo (tiroide) e mediastinico (cuore e grossi vasi) a causa di una lesione (temporanea o permanente) dei nervi laringei inferiori e/o superiori impongono spesso un intervento correttivo generalmente di tipo protesico endolaringeo che molte volte pregiudica in modo definitivo il ritorno ad una carriera di alto profilo artistico, anche se viene riferito da Fussi il caso di una cantante lirica ancora in carriera affetta da paralisi ricorrenziale compensata da edemi che ovviamente non dovranno mai essere in alcun modo ridotti.
b) Forma e dimensione della lesione
Le lesioni noduliformi, forme cliniche più frequenti nel sesso femminile, sono diversi in base alla categoria del cantante: più piccoli nel cantante lirico (con insufficienza glottica che spiega i sintomi vocali maggiormente riferiti dal paziente: “breathy voice” nelle dinamiche pp, attacco soffiato ed impreciso sui piani, bande di rumore sullo spettro, instabilità del passaggio dei registro), più grandi e con base d’impianto più larga nel cantante moderno, spesso con ispessimenti ed ipercheratosi, che giustificano la forte componente di rumore dovuta all’ampia insufficienza glottica.
Qualora la lesione risulti piccola e compatibile con l’attività vocale, conviene sempre l’approccio di tipo medico e riabilitativo, conservando l’atto chirurgico all’insuccesso di tali terapie. Va però chiarito che nei professionisti della voce lirica, una lesione molto piccola può portare ad un disordine prestazionale, e di conseguenza psicologico, molto grande. Sempre nel cantante lirico una patologia nodulare molto piccola può essere la causa di sofferenza di un ambito tonale molto ristretto, talvolta in una sola nota, ed in tal caso la chirurgia è proponibile al fine di non far strutturare al cantante schemi compensatori quasi sempre ipercinetici, che comporterebbero un innaturale supercontrollo dell’emissione, con perdita di fluidità anche negli ambiti tonali sani, una fatica fonatoria maggiore e riduzione costante dei tempi di performance.
Nei cantanti di musica leggera, che perseguono l’eufonia stilistica anche con disfonia performativa (talvolta è la loro caratteristica distintiva), tale disagio è avvertito molto meno ed è per questo che spesso non risulta necessario l’intervento chirurgico correttivo. Qualora la diagnosi rimanesse incerta per l’esiguità della lesione, è corretto proporre al cantante (specie lirico) un’esplorazione in laringoscopia in sospensione, preparandolo in ogni caso alla possibilità di trasformare l’esplorazione in un intervento chirurgico e dandogli la possibilità di poter in anticipo programmare un’eventuale interruzione dell’attività vocale.
c) Età di comparsa e durata della sintomatologia vocale
Talvolta la disfonia appare anche in tenera età, o si palesa maggiormente come disodia nei pueri cantores e nelle voci bianche dei Cori liricosinfonici. In tal caso, anche se la laringostroboscopia ha mostrato l’esistenza di una patologia organica (congenita, acquisita o mista) non è mai consigliabile precipitare la scelta chirurgica ed in ogni caso non prima dei 9-11 anni di età, preferendo adottare tecniche rieducative logopediche mirate a non stabilizzare gli atteggiamenti compensatori dannosi in attesa dell’esecuzione dell’intervento.
Per patologie recenti, riscontrate in media entro un anno dalla comparsa dei sintomi disodici, è utile tentare in prima battuta una rieducazione ortofonica, riservando all’insuccesso di questa il ricorso alla terapia chirurgica.
Per patologie di vecchia data, ormai consolidate anche nell’utilizzo di compensi fonatori, si consiglia un trattamento a “sandwich”, con una fase di logopedia preoperatoria in grado di rendere cosciente il paziente dei compensi e di quei fattori, comportamentali ed ambientali, che hanno causato la formazione della lesione. Tale presa in carico logopedica preoperatoria si rivelerà preziosa dopo l’intervento chirurgico per la riabilitazione della voce cantata.
d) Grado di alterazione dei parametri stroboscopici e spettroacustici.
Le patologie cordali funzionali, organiche o miste, lievi o gravi che siano, portano sempre ad alterazioni del segnale vocale. Questa alterazione è talvolta percettivamente evidente, mentre altre volte i compensi sono così funzionanti da nasconderla completamente. Solo una corretta analisi che correli il dato anatomico funzionale e lo studio elettroacustico della voce cantata può portare ad una corretta diagnosi in una voce artistica. Mentre nel cantante di musica leggera alterazioni del segnale vocale (che in analisi spettroacustica possono evidenziarsi soprattutto come aumento delle componenti di rumore secondo la classificazione di Yanagihara o diplofonie per la presenza in laringostroboscopia di patologie organiche) possono non dare grandi problemi in ambito performativo, per il cantante di musica lirica, che ha necessità costante di eufonia stilistica, ogni minima variazione del risultato fonatorio è critico, anche se i parametri laringostroboscopici sono nei limiti della norma. L’approccio fonochirurgico nel cantante deve quindi prendere in considerazione innanzitutto la ripercussione sull’abilità che la patologia ha sul performer vocale ed analizzarne l’impatto psicologico. Inoltre, come suggeriscono alcuni autori, la valutazione strumentale della voce parlata (speech) non ci dà alcuna indicazione in merito alla distinzione tra una voce comune ed una artistica: i parametri più usati nell’analisi dello speech (jitter, shimmer e rapporto segnale/rumore) mostrano differenze solo in base al sesso. Sono quindi altri i parametri da valutare acusticamente nel cantante, primi fra tutti la presenza o l’assenza della formante di canto (evidente come rinforzo spettrale tra i 2500 ed i 3500 Hz, con variabilità tra sesso e registro) ed il vibrato che, se presente con caratteristiche fisiologiche, veicola la componente emozionale del canto. Allo stesso modo la laringostroboscopia dovrà essere eseguita in un cantante (prima e dopo la chirurgia) ricercando alterazioni del comportamento dell’onda mucosa nella voce cantata e non solo nella voce parlata, monitorando in special modo come essa si comporti nelle transizioni della zona fragile o tra il registro pieno e quello di falsetto.
Come operare.
Giova innanzitutto ricordare come un intervento chirurgico non sia comunque di per sé sufficiente ad ottenere il massimo risultato vocale, a dire che dopo l’intervento abbiamo ottenuto un 70-80% del risultato ottimale, da completare poi con un corretto training logopedico.
Dal punto di vista strettamente tecnico l’intervento chirurgico sulle corde vocali di un cantante non si differenzia dall’intervento che si esegue su altre categorie di pazienti. Ma, viste le peculiarità che si richiedono ad una voce artistica, un intervento di fonochirurgia dovrebbe essere eseguita sempre con il massimo livello di ingrandimento e con la miglior esposizione del piano glottico possibile.
La microlaringochirurgia in sospensione necessita di ferri chirurgici ad hoc, alcuni dei quali in continua e talvolta estemporanea modifica, come la pinza a cuore di Bouchayer, la pinza a coccodrillo, bisturi retti ed orientati a destra e sinistra, scollatori smussi, aghi da infiltrazione, aspiratori, siringhe per Tissucol ed iniezione di materiali biologici, microcoagulatori monopolari, che hanno un costo tutto sommato non esorbitante. A ciò bisogna sempre aggiungere il microscopio operatorio ed un sistema di registrazione delle immagini, possibilmente digitale (DVD). Questa strumentazione chirurgica fredda ci permette di procedere all’atto microchirurgico con il massimo rispetto possibile delle strutture nobili per la fonazione, in primis del bordo libero e del ligamento vocale. La tecnica della cordotomia epiteliale ci permette infatti l’esplorazione del ligamento e la conservazione dell’integrità del bordo libero, risparmiando quindi manovre che potrebbero sovvertire la microstruttura cordale e quindi la corretta vibrazione.
Da qualche tempo si sta perfezionando, ad opera soprattutto della scuola di Ricci Maccarini e di De Rossi, l’approccio chirurgico fibroendoscopico, soprattutto grazie all’avvento di fibroscopi a doppio canale operativo e nuove fonti luminose che permettono un costante controllo intraoperatorio sul paziente che, sedato ma collaborante, restituisce al chirurgo un feedback vocale preziosissimo per il controllo in tempo reale della qualità dell’intervento in essere.
Anche il laser (o meglio i laser) trovano ultimamente applicazione in fonochirurgia artistica, soprattutto perché la sua evoluzione ha ridotto di molto il calore generato ed il rischio connesso di ipertermia loco regionale. Rimane tuttavia assodato che la laserchirurgia non permette manovre semeiologiche fondamentali come la palpazione cordale e non restituisce feedback tattili durante l’esecuzione di manovre difficili come la delicata micro dissezione. Inoltre la tecnica laser presuppone conoscenze tecniche ed abilità proprie del chirurgo. Come afferma Zeitels, la “selezione di un tipo di chirurgia versus un’altra (calda vs fredda) e la decisione è inestricabilmente legata alle preferenze individuali ed alle competenze del chirurgo” oltre, aggiungiamo noi, alla tipologia della lesione che si vuole trattare con il miglior risultato possibile.
Vediamo di seguito alcuni esempi esplicativi dei vari approcci fonochirurgici in funzione della patologia.
Le vergeture e il sulcus vocalis si operano in microlaringoscopia in sospensione. Si effettua idrodissezione con corticosteroide, poi incisione del margine superiore, scollamento della mucosa dal ligamento sottostante, exeresi della vergeture e delle sue eventuali aderenze con il legamento e/o muscolo vocale con riaccostamento dei lembi di mucosa. Se residua minus può essere colmato con grasso autologo.
Le patologie cistiche si operano in microlaringoscopia in sospensione. Si effettua la manovra di palpazione bilaterale per evidenziare la cisti, si infiltra con vasocostrittore per ridurre il sanguinamento (generalmente adrenalina) e si effettua l’incisione della mucosa sulla superficie superiore della corda vocale, parallela al bordo libero e per pochi millimetri più lunga della cisti stessa. Si prosegue con lo scollamento di ogni possibile briglia aderenziale, ponendo massima attenzione alla salvaguardia del ligamento vocale. Individuata la formazione cistica (raramente integra), sbrigliandola dalla aderenze si cerca di rimuoverla assieme al suo peduncolo. Rimuovere la tasca della cisti intatta dà maggiori garanzie di non recidiva. Bisogna essere quanto più pignoli possibile nel ricercare altre cisti, talvolta nascoste anche nel contesto del legamento, e rimuovere le aderenze che, se lasciate in situ, produrrebbero un risultato vocale mediocre per anomalie vibratorie. Infine si infiltra con idrocortisone.
Pur ribadendo che non dovrebbero essere toccate quando unica patologia, le ectasie capillari vengono operate in anestesia generale con il microcoagulatore monopolare con punta fine (0.2 mm) e potenza minima, per ottenere una cauterizzazione precisa, sufficiente e regolata. È corretto, come insegna Ricci Maccarini, non utilizzare vasocostrittori ma soluzione fisiologica abbondante al fine di proteggere il ligamento vocale e non innalzare troppo la temperatura delle mucose. Indispensabile una prova preliminare sulla falsa corda. Conviene tenersi a distanza dal tracciato di un’eventuale cordotomia se si sospetta una lesione intracordale. L’intervento può essere bilaterale nella stessa sessione operatoria. Seguendo l’intero decorso del vaso ectasico partendo dalla sua origine, si raggiungono i gavoccioli maggiori. Si infiltra infine idrocortisone. La cauterizzazione lascia spesso il posto ad una irregolarità sulla mucosa che cicatrizza di regola perfettamente, con un decorso postoperatorio generalmente privo di complicanza.
L’edema di Reinke va operato sempre quando le sue dimensioni sono così grandi da ridurre lo spazio respiratorio. Valgono in ogni caso tutte le considerazioni fatte precedentemente sui cantanti. Durante l’atto operatorio la maggior attenzione deve essere prestata alla mucosa del bordo libero delle corde vocali. Difatti una resezione troppo generosa specie a livello del bordo libero, può dare risultati anatomicamente perfetti ma funzionalmente disastrosi per la rigidità cordale che ne deriva. Si effettua la cordotomia paraventricolare, si disseca lo pseudomixoma (che talvolta è di consistenza piuttosto dura) e lo si aspira, sempre con la massima attenzione al legamento vocale. La mucosa in eccesso viene resecata, si infiltra cortisone e si fissa la mucosa con colla biologica. La moderna fonochirurgia consente di effettuare l’intervento su ambedue le corde nella stessa sessione operatoria a patto che si mantenga una zona marginale di mucosa intatta per scongiurare ogni possibile rischio di sinechia. È consentito talvolta lasciare un po’ di materiale mixoide, specie negli uomini.
I polipi vanno rimossi in laringoscopia diretta. Si recide con microforbici la base del polipo, avendo l’accortezza di non fare rimozioni troppo profonde per non correre il rischio di intaccare il legamento. Si lascia quindi un’ampia zona intatta che se sanguinante va trattata con vasocostrittore. Poiché una certa area cordale viene privata della mucosa è utile non fonare prima di una settimana.
Conclusioni.
L’atto fonochirurgico in un cantante deve sempre essere dettato innanzitutto dal buon senso e dalla profonda conoscenza dei meccanismi che sono alla base di un corretto atto vocale artistico.
Ci sembra corretto, come afferma Bastian, che nel prospettare ad un cantante una risoluzione chirurgica si debbano seguire le seguenti indicazioni:
• L’equipe chirurgica deve avvalersi di almeno un operatore con provata esperienza di canto e che sappia eseguire una valutazione laringostroboscopica e spettroacustica quanto più sofisticata possibile, per poter mettere in giusta correlazione il grado di disabilità soggettivo del paziente con la realtà della lesione, al fine di determinare serenamente un approccio chirurgico corretto.
• Deve essere tassativa una resezione chirurgica delle lesioni quanto più possibile precisa, rispettando sempre l’integrità del legamento vocale ed evitando per quanto possibile di creare aree cicatriziali.
• È fondamentale per ridurre il rischio di recidive la terapia logopedica pre e postchirurgica, oltre alla corretta ripresa del canto con il proprio maestro sotto il controllo stretto del foniatra.
• Solo la conoscenza della fisiologia della vibrazione e della microstruttura cordale oltre al continuo dialogo con il foniatra e con il maestro di canto possono fornire al fonochirurgo i prerequisiti concettuali per attuare una chirurgia intelligente.
Nella speranza di aver fugato i dubbi più comuni, vi saluto caramente, restando a disposizione per eventuali chiarimenti.
Prof. Diego Cossu
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