Voce e “muta vocalica” II

Cari Amici,

a completamento del post precedente su “Voce ed ormoni sessuali”, credo sia pertinente aggiungere qualche dato sul fenomeno della cosiddetta “muta della voce”, soprattutto per coloro che hanno cantato da bambini e vogliono continuare a farlo da adulti.
Buona lettura.
Prof. Diego COSSU

VOCE E MUTA VOCALICA
La muta vocale, alle nostre latitudini, avviene per le femmine, con una certa approssimazione da 1 anno prima a 2 anni dopo il menarca (in pratica dai 9-10 anni ai 14-15). Per i maschi tale fenomeno copre un’età dai 10-11 anni ai 17-18.
Come si può notare, il fenomeno della muta è piuttosto lungo nel tempo e diverso tra maschio e femmina; dai primi segni alla completa maturazione della laringe possono passare da due a tre anni e, come già accennato in precedenza, nella femmina è più rapido e consiste nell’abbassamento di circa due – tre toni (raramente si arriva ad un’ottava) rispetto alla voce prepubere, mentre nel maschio è più lento e consiste nell’abbassamento di circa due ottave nei confronti della voce infantile. Il cambiamento delle caratteristiche vocali si svolge attraverso stadi caratterizzati da sintomi che debbono essere interpretati come vere e proprie crisi di adattamento al susseguirsi delle trasformazioni psico-fisiche cui è sottoposto l’organismo in sviluppo.
Nella voce parlata del maschio i primi segni sono quelli di un’improvvisa e non intenzionale rottura della voce e di occasionali variazioni di intonazione con emissione successiva di suoni gravi e molto acuti in registro di falsetto (fenomeno dello shift di registro). Tali oscillazioni della f0 si verificano in una estensione tonale molto ampia, e talvolta si accompagnano ad improvvisa disfonia della durata di qualche giorno e che si risolve senza alcuna terapia.
Le rotture della voce, chiamate breaks, si fanno sempre più frequenti con l’avvicinarsi della crisi puberale, passata la quale finalmente la voce si stabilizza intonandosi su toni più gravi.
Nella voce cantata i disturbi in un primo periodo sono meno evidenti e più precoci nel maschio che canta nel registro di contralto piuttosto che nella femmina e nel maschio che in epoca prepubere cantano da soprano.
Dopo la muta le caratteristiche vocali saranno opposte, solitamente, a quelle che il soggetto possedeva prima, e cioè: i maschi soprano diventeranno baritoni o bassi, mentre i maschi contralto diventeranno tenori. Altrettanto si verificherà per le voci femminili, per cui i soprano diventeranno mezzosoprano o contralto ed i contralto diverranno soprano.
Nei paesi nordici, dove la muta vocale è anticipata rispetto ai nostri climi di circa un anno, nei cori di bambini si sostituiscono i maschi con le femmine.
Anche da noi, tuttavia il periodo di voce bianca nel canto è più breve nei maschi che nelle femmine; le difficoltà maggiori riguardano inizialmente l’emissione del registro acuto, che può non essere emesso oppure risultare stimbrato perdendo intensità e limpidezza. In seguito il disagio si estende al registro centrale tanto che in questo periodo non è più possibile praticare il canto corale. All’analisi spettrografica, l’irregolarità vibratoria si traduce graficamente in scarti considerevoli di altezza della f0 che si succedono nel tempo l’uno all’altro; all’analisi sonografica la velatura timbrica viene evidenziata dalla presenza di bande di rumore continue in bassa frequenza.
All’ esame laringoscopico in questo periodo spesso è evidenziabile un’iperemia diffusa delle corde vocali vere ed una insufficienza adduttoria nel terzo posteriore, con il quadro detto di triangolo della muta.
Sempre ricordando la legge biologica per la quale tanto maggiore è l’accrescimento di un organo, tanto più esso è delicato, risulta chiaro da quanto sopra esposto che la laringe maschile in corso di muta vocalica è più delicata di quella femminile.
Durante questo delicato periodo, tuttavia, non è “proibito” cantare, ma va evitato che il canto sia traumatizzante, per cui dovrà essere:
• di breve durata;
• di tessitura adeguata, cioè limitata, ed evitare gli estremi limiti e, soprattutto, la zona del passaggio di registro;
• di intensità adeguata, ricordando che il mezzoforte è l’intensità meno traumatizzante, mentre piano e pianissimo sono estremamente dannosi.
Per quanto riguarda il parlato, la sonorità mezzoforte non è traumatizzante ed avviene ai limiti inferiori della tessitura, senza toccare la zona di passaggio, mentre sono deleteri per la laringe il parlato “sottovoce” e la voce “afona”; gli esercizi articolatori non influiscono negativamente sulla laringe.
Non si dimentichi che durante la muta è possibile, oltre che consigliato, proseguire l’educazione musicale esecutiva mediante il “fischio”, che si avvale delle stesse modalità respiratorie del canto e mediante l’uso di strumenti a fiato (specie flauto dolce e traverso).

Prof. Diego COSSU

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